giovedì 24 luglio 2014

"JOHNNY NON PUO' MORIRE di Tiziano Astolfi" - RECENSIONE DI LIDIA BERTACCHI 2014

JOHNNY NON PUO' MORIRE       il nuovo racconto  di Tiziano Astolfi  - ©  2014
Raccontare e raccontarsi per metafore: “Johnny non può morire” è il titolo dell’ultimo  racconto di Tiziano Astolfi. Una storia in bilico tra realtà e immagine ideale, attraverso una trovata narrativa che tende a destare curiosità nel lettore fino ad approdare ad un finale a sorpresa. Protagonista del nuovo racconto, narrato in prima persona come un monologo interiore, è Johnny (l’ipotetico figlio dell’autore), che si destreggia tra panorami metropolitani, suggestioni  musicali e sogni metafisici. La valenza simbolica viene trasposta in una dimensione realistica, ma si intreccia a momenti onirici in cui si esplica la naturale predisposizione di Tiziano Astolfi a  osservare e riflettere e a porsi  quesiti esistenziali mai risolti. Ecco quindi comparire enigmatici punti interrogativi e una “gigantesca testa di lupo”, figura quasi mitologica che funge da oracolo: si delinea così il difficile rapporto che l’autore ha con la linea del tempo (simboleggiato dal ticchettìo dell’orologio), l’intersecarsi continuo di passato, presente e futuro, la vita vista come una enigmatica partita a scacchi. In questo contesto si inserisce l’idea della scacchiera, rappresentazione grafica  della  complessità dell’esistenza umana, fatta di luci e di ombre, di bianco e di nero: un’armonia ossimorica di opposti. La musa ispiratrice rimane sempre la musica rock, ma, a differenza di altri racconti, si possono cogliere molti riferimenti alle arti figurative e alla multimedialità che sconfina nel web-design e nella pubblicità, intesa come ultima frontiera dell’arte nel senso più ampio del termine. La passione per i Rolling Stones emerge prepotentemente attraverso la descrizione di eventi musicali e di concerti rock che intrattengono la “fauna notturna” newyorkese nei pub e nei vari clubs di Manhattan. La chitarra diventa trade-union tra musicisti, elemento in cui si riconoscono i veri intenditori e che crea amicizie e complicità.
In questo racconto Tiziano Astolfi attinge al coacervo delle sue più autentiche e disparate passioni: da New York, simbolo della grande città cosmopolita dove convergono i più diversi stimoli culturali, all’idea della ‘factory’ nell’entroterra del lago di Garda - luogo ideale per l’incontro e la creatività di molti artisti-, dal Megastore “Big One” - versione attuale del grande magazzino, allo Yota life center, centro benessere che fa riferimento all’odierna moda dei wellness. Si aggancia al filone realistico il riferimento all’attentato dell’11 settembre 2001 alle Torri Gemelle, che ha segnato un’epoca e determinato un clima culturale di incertezza e di nuove paure e che funge da collocazione temporale del racconto. E continuando nell’elenco degli oggetti amati che fanno storia, ecco il famoso manichino di dechirichiana memoria che compare spesso emblematicamente anche nei suoi quadri ad olio e che si giustifica anche con le radici della madre, che proviene da una famiglia di tradizione sartoriale. La curiosità per il nuovo e per l’insolito si delineano in vari momenti del racconto, costruito con grande minuzia nei dettagli, quasi a creare lo story-board  di un film o di una rappresentazione teatrale.

L’attrazione per le più recenti invenzioni tecnologiche come tablet e droni e per le scoperte scientifiche e/ o fantascientifiche come le nano-particelle e gli occhiali per la visione reale aumentata, studiati per percepire quello che l’occhio umano non coglie naturalmente, si rivela nella descrizione del caos futuristico di elementi che caratterizzano i mega-negozi collocati negli spazi metropolitani. Proprio in mezzo al frastuono della grande città il personaggio Johnny affitta un appartamento sia per ritrovare qualche sicurezza e un rifugio dove estraniarsi e riflettere - e qui si intravede l’indole dell’autore -, sia per innescare nuovi meccanismi narrativi. Non può inoltre mancare il riferimento alle mostre di arte contemporanea , come il famoso MoMa, che assolvono nel racconto a una funzione ‘galeotta’, oltre che aprire spiragli sulle  profonde emozioni e riflessioni indotte dall’arte. Non stupisce, trattandosi di questo autore, la casualità dell’incontro con il personaggio femminile Jessica: le coincidenze che scandiscono le tappe di un’amicizia-amore, che è anche un percorso di conoscenza e di consapevolezza di sé e delle proprie aspirazioni, completano il quadro di una narrazione che è realtà e sogno nel medesimo tempo. Si assiste alla creazione di un’immagine di donna inafferrabile e affascinante, ma anche moderna, intelligente e raffinata nei gusti e nelle inclinazioni, vicina all’ideale dell’autore. Il racconto si conclude con un’imprevedibile rivelazione finale, che compendia in sé il ‘dolore metafisico’ di chi scrive e contemporaneamente vive le vicende nei meandri del suo giardino cerebrale.
                                                                                Lidia Bertacchi


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