mercoledì 20 aprile 2022

ARTURO NATHAN tra Metafisica e Realismo magico - recensione di Lidia Bertacchi © 2022

Arturo Nathan tra Metafisica e Realismo magico 

Mart di Rovereto (TN) 

recensione di Lidia Bertacchi  © 2022
                                                                          

E' in corso fino al primo maggio al Mart  di Rovereto l'interessantissima  mostra su "Arturo Nathan. Il contemplatore solitario", a cura di Alessandra Tiddia.  

Triestino di origine ebrea, vittima di persecuzione razziale sotto il regime fascista, deportato e ucciso dai nazisti nel campo di concentramento di Biberach am Riss nel 1944, Arturo Nathan è poco noto al grande pubblico, ma merita di essere conosciuto e soprattutto riconosciuto come interprete del clima culturale mitteleuropeo e in particolare di Trieste e di Milano tra gli anni Venti e Quaranta. Fu amico di Giorgio De Chirico che lo avvicinò alla Metafisica, di Italo Svevo e di altri grossi personaggi del primo Novecento, subì l'influenza della psicanalisi di Freud, ebbe una visione 'malata' della vita che forse considerava "inquinata alle radici" come la definisce lo stesso Svevo ne "La coscienza di Zeno". L'autoanalisi è il primo gradino della conoscenza di sé e del mondo, ma in Nathan non approda ad alcuna certezza. Si rappresenta anzi come una sagoma disumanizzata e senza volto, enigmatica e persa in una realtà sconvolta,  paludosa e in disfacimento o caratterizzata da un'immobilità senza tempo. Il sentimento di solitudine e di solitaria ricerca della verità, il senso di inadeguatezza di fronte al destino e alla realtà, tipico dei protagonisti del '900, dominano la pittura di Nathan, che rivela un' impronta metafisica, in quanto contrappone la consapevolezza dei limiti dell'uomo alla nostalgia di un mondo antico e perduto, di cui l'anima rimane in perenne contemplazione. Infatti in molti quadri l'uomo, o l'autore stesso, è ritratto di spalle, in un'immobilità pensosa e non ha lineamenti definiti del volto, ma ha soltanto il valore di una presenza che va al di là dello spazio e del tempo. Nathan rappresenta spesso se stesso come un asceta o un sognatore o un esiliato, caratterizzato dalla solitudine e dall'abbandono in un mondo estraneo, sinistro, ostile o forse indifferente. Statue solitarie di stampo classico, statiche teste di cavallo greco, che simboleggiano la possibilità di una fuga intravista, ma non realizzabile, campeggiano in un paesaggio desolato, oscuro e apocalittico con vulcani in eruzione, mare in tempesta, barche naufragate, cielo cupo e minaccioso. Si intravvede, in tutto questo, un rapporto esasperato tra ciò che è orrendo e spaventoso e ciò che è sublime. Il colore viene usato con taglio espressionista e ha la funzione di trasmettere sentimenti di tristezza, malinconia e nostalgia del passato. Il mare è sempre una presenza inquietante, può rappresentare il mare dell'inconscio, dell'immensità, della ricerca di un significato al di là del reale. Si può anche vedere a questo punto un collegamento  con l' "Allegria di naufragi"  di ungarettiana memoria. Quella che il critico Antonello Trombadori definisce con un efficace ossimoro la "serena disperazione" di Nathan si coglie facilmente in alcune opere contenenti immagini surreali e metafisiche, che, riesumando con pochi tratti elementi della mitologia classica, comunicano un senso di desolazione, di incertezza, di paura del futuro.

                                                                                                       Lidia Bertacchi

 

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sabato 26 marzo 2022

TRILOGIA LETTERARIA © 2022 (TIZIANO ASTOLFI) - RECENSIONE DI LIDIA BERTACCHI


TRILOGIA LETTERARIA © 2022 
di Tiziano Astolfi      

    

                                              recensione di Lidia Bertacchi
                                                  

Da alcuni giorni compare on-line sul sito dell'artista multimediale e autore Tiziano Astolfi la Trilogia Letteraria © 2022 composta dai racconti intitolati rispettivamente Venerbato , La scatola dei turisti, La Cinquecento blu.  Si tratta di tre racconti brevi in cui l'ispirazione autobiografica costituisce il punto di partenza da cui scaturiscono le idee per costruire la narrazione di ogni singolo pezzo.

Nel primo racconto, "Venerbato", il raggio laser di un orologio digitale fornisce l'input per un viaggio metafisico tra realtà e fantasia, in cui il tempo perde consistenza. Il lettore è incuriosito dall'enigma delle frasi palindrome e il mistero si risolve alla fine in modo inaspettato.

Nel secondo racconto, "La scatola dei turisti", si nota una maggiore aderenza alla realtà vissuta e ai ricordi legati al passato, ai mitici anni '80, quando si verifica un fatto insolito che colpisce la sensibilità dell'autore.  La consapevolezza dell'ineluttabilità degli eventi naturali e l'ironia della sorte costituiscono gli elementi-chiave per interpretare l'originale vicenda, realmente accaduta e descritta in modo straordinariamente dettagliato.

Infine il terzo racconto della trilogia, ovvero "La Cinquecento blu", fa riferimento ad un fatto avvenuto negli anni del boom economico, periodo in cui anche possedere una vettura utilitaria, come la Cinquecento, era una conquista sociale per alcune persone. La vicenda in sé è un piccolo 'giallo', frutto di fantasia, ma il caso da risolvere in base agli indizi, è narrato in modo realistico e non è privo di un  velo di bonaria ironia.

Qui di seguito le rispettive Prefazioni ai singoli tre racconti di Tiziano Astolfi. visionabili sul sito  www.tizianoastolfi.com  sezione > Letteratura

 

Prefazione di " Venerbato"

Un  viaggio metafisico che si costruisce attraverso la chiave di frasi palindrome: l'input che  ispira il racconto "Venerbato" è dato da un orologio digitale con raggio laser che proietta un'ora indefinita, le 00.00, un attimo sospeso tra passato e futuro. L'atmosfera surreale è sottolineata dalla "fievole melodia", dalla "fioca luce con sfumature verde-azzurre" e dall'insolito "profumo di essenze orientali", che costituiscono gli elementi caratterizzanti del  "piano ovattato", il luogo di osservazione dell'autore.  L' allitterazione della consonante 'f' nelle parole usate per la descrizione induce a pensare ad un soffio delicato che innesca la visione e la riflessione.

Il racconto parte da un  enigma e stabilisce fin dall'inizio un equilibrio tra realtà e fantasia. La reiterata curiosità per il nuovo e per l'insolito che caratterizza l'autore e lo stupore di fronte all'apparire di un misterioso aquilone, su cui sono impresse delle frasi palindrome, creano una sorta di suspence che induce il lettore a scoprire il séguito della narrazione. Si possono individuare tre tappe fondamentali, definite "case della formazione", che formano un arcano intreccio tra didattica, musica e arte e stimolano chi legge a "interagire con il pensiero" per soddisfare il desiderio umano di conoscere ed esplorare uno spazio metafisico, spazio in cui si ha difficoltà a rapportarsi con la linea del tempo. Il sogno svanisce grazie all'inserzione di un elemento realistico, il "segnalibro", che risveglia l'autore e gli dà la consapevolezza di aver 'vissuto' un viaggio utopico in un giorno che non esiste.

 

Prefazione di "La scatola dei turisti"

Si discosta dallo stile dei precedenti il racconto breve di Tiziano Astolfi "La scatola dei turisti" (2022) per la maggiore aderenza alla realtà del vissuto, anche se tutta la vicenda è filtrata attraverso gli occhi dell'autore che narra in chiave autobiografica, anche se del co-protagonista si parla in terza persona.  Riaffiora il passato, il rimpianto per i mitici anni '80, in cui T.A. ha sperimentato e vissuto le più memorabili avventure. Sono gli anni più intensi della sua formazione e della sua produzione artistica, nonché il periodo della spensieratezza, delle amicizie, degli amori, della massima creatività. L'attrazione  e la curiosità per l'insolito costituiscono il motore narrativo di questo racconto incentrato su un episodio che mette in luce la sensibilità e la generosità di un amico nei confronti del mondo animale, ma anche il ruolo della casualità nelle vicende umane.     Il racconto rivela ancora una volta la predisposizione dell'autore ad osservare e riflettere ed è narrato con grande minuzia di dettagli che lasciano intravvedere l'attitudine dell'autore a creare una sorta di story-board:  ogni scena si può chiaramente immaginare come in un film. Non manca una sorta di suspence nel dipanarsi dell'azione principale, accuratamente preparata nella prima parte. La scoperta delle conseguenze tragiche determinate dall'incursione di un gatto, che fa una statuaria comparsa al centro del racconto, rende l'avventura alquanto insolita e turba l'atmosfera leggera di quanto viene narrato fino a quel momento.

La presa di coscienza dell'ineluttabilità degli eventi naturali e della strana ironia della sorte rendono il finale un po'serioso, ma l'immagine liberatoria del passerotto solitario che vola in alto e si libra nell'aria, dopo un'ultima carezza che suona quasi come una benedizione, alleggerisce nuovamente il clima di questo originale racconto autobiografico.    

 

Prefazione di "La Cinquecento blu"

Lo spunto autobiografico funge da catalizzatore anche in questo racconto, come in  molti altri del medesimo autore, e innesca una narrazione che, partendo dall'osservazione del reale e del vissuto, sfocia in una vicenda puramente immaginata.

La storia della Cinquecento blu e del suo proprietario Ermanno è tratteggiata con bonaria ironia e con la consueta dovizia di particolari, in uno stile vivace e ricco di riferimenti precisi. Tutto si gioca nei luoghi del quartiere cari all'autore perché teatro della sua vita adolescenziale. Geniale è la trovata dell'insolito furto ai danni di un personaggio che si presenta come emblema della piccola borghesia degli anni Sessanta, che emerge faticosamente dalla miseria del dopoguerra e riesce ad affermarsi conquistando oggetti-simbolo come la macchina, che nel racconto è il fulcro dell'azione. Un'utilitaria piccola piccola, la più piccola come dimensioni e cilindrata, ma che rappresenta per il protagonista Ermanno e per sua moglie Anna un piccolo tesoro da salvaguardare in ogni modo. Ecco che di conseguenza nasce l'idea di uno "scherzo" che destabilizza la famiglia e che dà origine a un piccolo 'giallo' con tanto di indizi e testimoni. La vicenda si risolve con la scoperta del colpevole e con il bel gesto che compensa l'azione malevola subìta dal protagonista, ristabilendo così l'equilibrio della situazione iniziale. 

                                                                                                               Lidia Bertacchi

  

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martedì 10 febbraio 2015

NON CI STO (dall' ALBUM CD TEMPI DIVERSI) di Tiziano Astolfi * RECENSIONE DI LIDIA BERTACCHI © 2015


RECENSIONE  DEL VIDEO-CLIP MUSICALE "NON CI STO" di Lidia Bertacchi  © 2015


 

Da alcuni giorni è on-line il nuovo video musicale prodotto da Fabulasong dal titolo: "Non ci sto". Il brano musicale, tratto dal album cd "Tempi Diversi 2009" ma scritto e interpretato da Tiziano Astolfi nel 2007, è oggi un breve video clip provocatorio in cui si toccano alcuni temi sociali di rilievo come la politica, la pubblicità, la religione e le relazioni di coppia. Cinque minuti di immagini allegoriche, metaforiche e animazioni sottolineate da una sottile vena sarcastica, in cui si esplica la naturale diffidenza indotta dall'attuale società contemporanea, in cui tutto e il suo contrario vengono spesso rimessi in discussione. Il video, ideato da Tiziano Astolfi, è un turbine di immagini metropolitane, multietniche, multiculturali e di vita quotidiana che si accavallano con insoliti mixage coadiuvati da scritte e slogan. Nei quattro temi toccati, l'attore speciale è l'uomo-manichino che si muove meccanicamente come una sorta di automa manovrato da un fantomatico "burattinaio", che rappresenta sia l'aspetto politico che l'aspetto pubblicitario, anima e motore consumistico della società commerciale. Colpisce l'immagine della donna velata di nero, simbolo dell'oscurantismo portato avanti dai diversi fanatismi religiosi (religione come "oppio dei popoli"). Emerge anche l’aspetto esoterico con l’inserzione delle carte da gioco, emblema dell’incognito destino della specie umana, destino che si gioca gran parte delle azioni dell’esistenza. Tra gli interrogativi da risolvere le ambiguità spesso presenti nei rapporti affettivi. Particolare oggetto  di riflessione la vita di coppia, che focalizza situazioni di comodo e di ipocrisia a cui il leit-motiv della canzone “non ci sto" cerca di opporsi, chiedendosi perché si tende a scendere a compromessi in molte e diverse circostanze della vita.  
 
                                                                               Lidia Bertacchi

Per visionare il video NON CI STO cliccare sul link:
https://www.youtube.com/watch?v=gwjtIZjh00Y 

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giovedì 24 luglio 2014

"JOHNNY NON PUO' MORIRE di Tiziano Astolfi" - RECENSIONE DI LIDIA BERTACCHI 2014

JOHNNY NON PUO' MORIRE       il nuovo racconto  di Tiziano Astolfi  - ©  2014
Raccontare e raccontarsi per metafore: “Johnny non può morire” è il titolo dell’ultimo  racconto di Tiziano Astolfi. Una storia in bilico tra realtà e immagine ideale, attraverso una trovata narrativa che tende a destare curiosità nel lettore fino ad approdare ad un finale a sorpresa. Protagonista del nuovo racconto, narrato in prima persona come un monologo interiore, è Johnny (l’ipotetico figlio dell’autore), che si destreggia tra panorami metropolitani, suggestioni  musicali e sogni metafisici. La valenza simbolica viene trasposta in una dimensione realistica, ma si intreccia a momenti onirici in cui si esplica la naturale predisposizione di Tiziano Astolfi a  osservare e riflettere e a porsi  quesiti esistenziali mai risolti. Ecco quindi comparire enigmatici punti interrogativi e una “gigantesca testa di lupo”, figura quasi mitologica che funge da oracolo: si delinea così il difficile rapporto che l’autore ha con la linea del tempo (simboleggiato dal ticchettìo dell’orologio), l’intersecarsi continuo di passato, presente e futuro, la vita vista come una enigmatica partita a scacchi. In questo contesto si inserisce l’idea della scacchiera, rappresentazione grafica  della  complessità dell’esistenza umana, fatta di luci e di ombre, di bianco e di nero: un’armonia ossimorica di opposti. La musa ispiratrice rimane sempre la musica rock, ma, a differenza di altri racconti, si possono cogliere molti riferimenti alle arti figurative e alla multimedialità che sconfina nel web-design e nella pubblicità, intesa come ultima frontiera dell’arte nel senso più ampio del termine. La passione per i Rolling Stones emerge prepotentemente attraverso la descrizione di eventi musicali e di concerti rock che intrattengono la “fauna notturna” newyorkese nei pub e nei vari clubs di Manhattan. La chitarra diventa trade-union tra musicisti, elemento in cui si riconoscono i veri intenditori e che crea amicizie e complicità.
In questo racconto Tiziano Astolfi attinge al coacervo delle sue più autentiche e disparate passioni: da New York, simbolo della grande città cosmopolita dove convergono i più diversi stimoli culturali, all’idea della ‘factory’ nell’entroterra del lago di Garda - luogo ideale per l’incontro e la creatività di molti artisti-, dal Megastore “Big One” - versione attuale del grande magazzino, allo Yota life center, centro benessere che fa riferimento all’odierna moda dei wellness. Si aggancia al filone realistico il riferimento all’attentato dell’11 settembre 2001 alle Torri Gemelle, che ha segnato un’epoca e determinato un clima culturale di incertezza e di nuove paure e che funge da collocazione temporale del racconto. E continuando nell’elenco degli oggetti amati che fanno storia, ecco il famoso manichino di dechirichiana memoria che compare spesso emblematicamente anche nei suoi quadri ad olio e che si giustifica anche con le radici della madre, che proviene da una famiglia di tradizione sartoriale. La curiosità per il nuovo e per l’insolito si delineano in vari momenti del racconto, costruito con grande minuzia nei dettagli, quasi a creare lo story-board  di un film o di una rappresentazione teatrale.

L’attrazione per le più recenti invenzioni tecnologiche come tablet e droni e per le scoperte scientifiche e/ o fantascientifiche come le nano-particelle e gli occhiali per la visione reale aumentata, studiati per percepire quello che l’occhio umano non coglie naturalmente, si rivela nella descrizione del caos futuristico di elementi che caratterizzano i mega-negozi collocati negli spazi metropolitani. Proprio in mezzo al frastuono della grande città il personaggio Johnny affitta un appartamento sia per ritrovare qualche sicurezza e un rifugio dove estraniarsi e riflettere - e qui si intravede l’indole dell’autore -, sia per innescare nuovi meccanismi narrativi. Non può inoltre mancare il riferimento alle mostre di arte contemporanea , come il famoso MoMa, che assolvono nel racconto a una funzione ‘galeotta’, oltre che aprire spiragli sulle  profonde emozioni e riflessioni indotte dall’arte. Non stupisce, trattandosi di questo autore, la casualità dell’incontro con il personaggio femminile Jessica: le coincidenze che scandiscono le tappe di un’amicizia-amore, che è anche un percorso di conoscenza e di consapevolezza di sé e delle proprie aspirazioni, completano il quadro di una narrazione che è realtà e sogno nel medesimo tempo. Si assiste alla creazione di un’immagine di donna inafferrabile e affascinante, ma anche moderna, intelligente e raffinata nei gusti e nelle inclinazioni, vicina all’ideale dell’autore. Il racconto si conclude con un’imprevedibile rivelazione finale, che compendia in sé il ‘dolore metafisico’ di chi scrive e contemporaneamente vive le vicende nei meandri del suo giardino cerebrale.
                                                                                Lidia Bertacchi


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venerdì 4 luglio 2014

ALESSIO FERRANTE: MUSICA SENZA REGOLE di Lidia Bertacchi 2014

ALESSIO FERRANTE  COMPOSITORE DI MUSICA CLASSICA CONTEMPORANEA >  MUSICA SENZA REGOLE
di Lidia Bertacchi 2014
                                                            Pubblicato su Qui Bolzano n.13 del 3 luglio 2014

Gustav Mahler, Alban Berg, Anton Weber, ma anche Wolfgang Rihm e gli italiani Luciano Berio e Giacinto Scelsi, quest’ultimo il più enigmatico ed anomalo, sono i punti di riferimento che hanno influito sulla formazione artistica del giovane compositore di musica classica contemporanea Alessio Ferrante, nato a Bolzano nel 1989. Fin da bambino rivela la passione per la musica, ereditandola dalla famiglia. Ma cosa si intende per musica contemporanea? Alessio risponde che è la musica ‘classica’ degli ultimi 50 anni, una musica che esce dagli schemi convenzionali e non rispetta più criteri armonici precisi come nei grandi del passato (Bach, Mozart, Beethoven); la regola diventa ‘non avere regole’, ossia ogni compositore si crea un suo codice di composizione e un suo stile, usando un linguaggio diverso e unico e ascoltandosi interiormente. Ferrante inizia gli studi di composizione nel 2006 sotto la guida del Maestro Heinrich Unterhofer presso il Conservatorio di Bolzano e consegue il diploma accademico di I°livello in Composizione nel 2013 con il massimo dei voti. Nel 2008 e nel 2009 partecipa al corso internazionale di interpretazione e composizione della Hochschule für Musik di Detmold e scrive la sua prima composizione “Sculpture” per percussioni. Nel 2010 si distingue all’European Composers’Professional Development Programme e gli viene commissionata la stesura di una nuova composizione: “Brechung”, prima esecuzione in assoluto (novembre 2011), interpretata  dall’Ensemble 10/10, gruppo strumentale della Royal Liverpool Philarmonic Orchestra, all’interno dell’Huddersfield Contemporary Music Festival: la prima e la più entusiasmante esperienza all’estero con la sua musica.

Le sue  più recenti composizioni “Final” per ensemble, “Bardo” per pianoforte solo e “I am the diamond glints on snow” per flauto Pätzold, contrabbasso ed elettronica sono state eseguite in vari concerti di musica contemporanea in Germania e Inghilterra (Liverpool 2012), ma anche al Conservatorio e al Museion di Bolzano e in occasione dei progetti di gemellaggio con i Conservatori di Sassari, di Cagliari e di Udine.  Sempre attivo e  impegnato nella ricerca di nuovi stimoli, a settembre di quest’anno parteciperà a Bolzano al Transart Festival, da cui ha ricevuto la prima vera commissione. Varie istituzioni, festival e progetti con fondi dell’Unione europea sono i committenti che permettono a Ferrante di fare della sua passione una professione vera e propria. Qual è il suo motto nel comporre musica? Pensare meno possibile e andare d’istinto, creare e inventare musica lasciandosi ispirare dagli strumenti stessi,  anche se naturalmente alla base del lavoro c’è uno studio, una preparazione musicale approfondita di tipo classico. I pezzi musicali  nascono dalla sua personale inventiva,  usufruendo delle nuove prospettive dell’elettronica e a volte operando una contaminazione tra musica contemporanea e altre arti. Secondo lo slogan attuale “musica classica e gioventù”,  a Bolzano si assiste a nuovi sviluppi del settore, come nel caso della Mahler Akademie.
                                                                                  Lidia Bertacchi
 
 
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giovedì 8 maggio 2014

IL POLIEDRICO "ALE" DAMIAN di Lidia Bertacchi 2014

IL POLIEDRICO "ALE" DAMIAN
di Lidia Bertacchi 2014




Pubblicato su Qui Bolzano nr. 9  del  8 maggio 2014


Artista poliedrico, autore di canzoni, produttore, arrangiatore,  giovane  ma con una poliennale esperienza nel campo musicale, il bolzanino Alessandro Damian  è un
personaggio  conosciuto nel settore artistico a livello regionale e oltre, non solo per aver suonato con parecchie formazioni,   ma anche per aver prodotto e arrangiato le loro musiche. Alessandro si occupa infatti di produzioni audio (realizzazione di  ‘demo’CD per gruppi emergenti), di hard disk recording, di pre- e post- produzione applicata al sistema di elaborazione digitale Cubase/Steinberg (nell’ambito di MicrocosmoPop recording Studio). Nel 2004 perfeziona ed elabora importanti cognizioni tecniche frequentando, presso il CAT Sound Studio di Rovigo, un corso per fonico-operatore sulla registrazione sonora digitale (Pro-tools tdm) con l’insegnante Mario Marcassa. Già in giovanissima età, Damian viene indirizzato al solfeggio sul pianoforte sotto la guida del prof. Marco Facchin, per poi avvicinarsi al mondo delle percussioni con il maestro Mario Punzi, imparando a suonare la batteria. Nel 1997, grazie all’incontro con Tiziano Astolfi, imposta le prime nozioni su chitarra e basso elettrico, teoria e pratica musicale, timing, composizione, ecc. e comincia a suonare in alcuni gruppi musicali, alternando basso e chitarra. Autore registrato alla  Siae (Società Italiana Autori Editori) fin dal 2002, inizia a comporre ed eseguire diversi brani musicali originali che gli permettono di acquisire sempre maggiore autorevolezza e capacità nell’arrangiamento e nell’elaborazione del rapporto tra le varie componenti strumentali.  Negli anni 2004/2010 partecipa con alcune formazioni musicali (i Pea, i Killjoy, i Julius Bana e gli Eugenie) ad importanti eventi musicali tra cui l’ “I-TIM Tour” di Trieste, l’ “Italia-Wave” di Firenze, il “M.E.I.” di Faenza e il “B-checkezd” Tour svoltosi in Germania e nella Repubblica Ceca; vince, con i bolzanini Eugenie, il concorso nazionale “Rock Targato Italia” organizzato a  Milano. Un curriculum musicale di tutto rispetto considerato che Alessandro ora ha solo 28 anni! L’esperienza fatta sul campo e l’entusiasmo nell’esercitare la propria creatività nel settore artistico-musicale hanno orientato il giovane pluristrumentista ad operare   nell’ambito della produzione audio  presso lo studio MicrocosmoPop di Bolzano insieme ai fedelissimi Thomas Lorenzi e Simon Weisskopf: un’iniziativa   in cui sono coinvolti giovani che offrono la loro esperienza ad altri giovani, oltre che collaborare con alcuni noti musicisti nell’entourage della musica bolzanina. Lo stile che caratterizza l’attività di Alessandro nelle  produzioni musicali è la precisione e la raffinatezza nell’assemblare le diverse dinamiche strumentali, l’originalità dei suoni combinati in modo insolito e personale. Che dire ancora? Auguriamo buon lavoro a tutti  quei progetti musicali in cui sono coinvolti giovani musicisti che mettono a frutto la loro creatività inventando qualcosa di nuovo!

                                                                          Lidia Bertacchi  



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giovedì 10 aprile 2014

STUDENTI BOLZANINI "AMBASCIATORI" ALLE NAZIONI UNITE - di Lidia Bertacchi 2014


STUDENTI BOLZANINI "AMBASCIATORI" ALLE NAZIONI UNITE
pubblicato su Qui Bolzano  il 10 aprile 2014
E’ tornata da pochi giorni la Delegazione di studenti delle scuole superiori di Bolzano e Provincia  che hanno scelto di vivere un’esperienza eccezionale: partecipare ad una simulazione di processi diplomatici multilaterali al Palazzo di Vetro delle Nazioni Unite. (USA)

 
 
L’ente  promotore del progetto è l’IDA (Italian Diplomatic Academy), che intende affermarsi quale atrio privilegiato per un dibattito intellettuale di alto livello. Gli studenti desiderosi di arricchire il tradizionale percorso formativo con conoscenze specialistiche ed esperienze sul campo si sono preparati, in Accademia, al confronto con realtà di respiro internazionale. Hanno frequentato una volta alla settimana, per tre mesi consecutivi,  lezioni di geopolitica con il Prof. Zampieri, di Diritto Internazionale dei Conflitti Armati con il Prof. Di Carlo, di lingua inglese con la Prof. Lenzen, di regole di procedura e Country Assignment con il Prof. Crestani, di storia contemporanea con la prof. Comparini, ecc.
Il dott. Cesare Vinella, laureato in Scienze Diplomatiche e Internazionali, che fece la stessa esperienza nel 2009 con il Progetto  “Nmun” rivolto allora soltanto agli studenti universitari,  in qualità di attuale referente regionale dell’IDA, ha presentato il progetto  in  varie scuole superiori di lingua sia italiana che tedesca e ha raccolto le adesioni degli studenti interessati.
 Il 4 marzo il gruppo di 14 ragazzi del Trentino Alto Adige, accompagnato da Cesare Vinella, è arrivato, dopo un viaggio di 22 ore, al lussuoso hotel Warwick di New Jork, nel cuore di Manhattan, per restarvi un’intera settimana, fino all’11 marzo, tra conferenze, dibattiti e  simulazioni e, inoltre, usufruendo della visita guidata ad una delle più grandi metropoli del mondo. Gli studenti di Bolzano hanno rappresentato lo Stato di  Antigua & Barbuda, uno Stato insulare dell’America centrale caraibica. Ogni fase del progetto, dalla preparazione al viaggio, è stata scrupolosamente documentata su un gruppo appositamente creato su Facebook (Delegazione Bolzano Nhsmun ’14) con tanto di foto, video e una presentazione personale di ciascun partecipante (nome, età, scuola frequentata, sogni per il futuro). Tutto il materiale è a disposizione di chi fosse interessato o semplicemente curioso,  cliccando “mi piace” sulla pagina sopra citata. Insomma, un’irripetibile occasione di provare sulla propria pelle l’emozione di partecipare, con una buona dose di impegno e fatica, ad un’assemblea di portata internazionale e, giustamente, un po’di divertimento cosmopolita!
                                                             Lidia Bertacchi
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